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La pittura metafisica
Nel 1915, all'entrata in guerra dell'Italia, i fratelli furono destinati entrambi a Ferrara, dove conobbero i poeti Corrado Govoni e Filippo de Pisis e nel 1917 il pittore Carrà. In occasione di un loro ricovero all'ospedale militare di Villa del Seminario, Carrà subì la profonda influenza di de Chirico e insieme contribuirono allo sviluppo della pittura metafisica. De Chirico raffigurò una serie di interni claustrofobici colmi di oggetti stravaganti: biscotti, mappe e telai, mentre i manichini furono dotati di una nuova monumentalità e posti sullo sfondo di vedute ferraresi, come nel "Grande metafisico" del 1917.
La prima personale
Alla fine della guerra formulò la sua teoria della pittura metafisica e del ritorno al classicismo in numerosi scritti, prendendo le distanze da Carrà. Molti dei suoi saggi apparvero sulla rivista "Valori Plastici" del 1918-22 di Mario Broglio; il periodico romano si fece inoltre portavoce del programma per un nuovo classicismo italiano. La prima mostra personale, allestita alla Galleria Bragaglia nel 1919, ispirò a Roberto Longhi la sarcastica recensione "Al dio ortopedico".
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